Viktoriia Roshchyna: la giornalista che ha osato raccontare l’orrore e che la Russia ha voluto far sparire






30 aprile 2025
Il suo nome non lo dimenticheremo. Viktoriia Roshchyna, 28 anni, giornalista investigativa ucraina, è diventata il simbolo di un giornalismo coraggioso, libero, umano. Un simbolo spezzato dalla brutalità russa, ma non piegato. Uccisa dopo mesi di prigionia, torturata, privata della vita e del corpo. Ma non della voce: quella continua a risuonare attraverso ciò che ha raccontato, ciò che ha lasciato scritto e ciò che ha rappresentato.
Una giornalista scomoda
Nata nel 1996 a Zaporizhzhia, Viktoriia ha iniziato a lavorare nel giornalismo da adolescente. Collaborava con testate come Ukrainska Pravda, Hromadske, Radio Free Europe/Radio Liberty. Era una reporter da prima linea: documentava la guerra non dai comunicati stampa, ma entrando nei territori occupati, parlando con i sopravvissuti, raccogliendo prove di crimini. Durante l’assedio di Mariupol, rischiò la vita più volte pur di raccontare cosa accadeva all’interno di quella città diventata una trappola mortale.
Nel marzo 2022, fu arrestata dal Servizio federale di sicurezza russo (FSB) a Berdiansk. Rimase in custodia per dieci giorni. In quel periodo le fu ordinato di registrare un video in cui “ringraziava” i suoi rapitori per il rilascio. Una mossa propagandistica cinica, tipica dell’apparato repressivo russo. Dopo il rilascio, invece di fuggire o cambiare mestiere, Viktoriia tornò sul campo. “Non c’è libertà se si tace”, aveva detto una volta a una collega.
L’ultima indagine: la verità sulle prigioni russe
Nel luglio 2023, Viktoriia è partita per un’inchiesta delicatissima: voleva scoprire l'esistenza e le condizioni di centri di detenzione illegali nei territori occupati della regione di Zaporizhzhia. Testimonianze parlavano di torture, sparizioni forzate, abusi sistematici dell'FSB su civili ucraini. Viktoriia voleva documentare tutto.
Poi, il silenzio.
Per mesi, nessuna notizia. Il suo nome è stato inserito tra i dispersi. I suoi colleghi e la sua famiglia hanno sperato, chiesto, pregato. Nessuna risposta. Solo buio.
Il ritrovamento: un corpo che grida
Nel febbraio 2025, la Federazione Russa ha restituito all’Ucraina il suo corpo. O meglio, ciò che ne restava. Le autorità ucraine e medici legali hanno documentato segni evidenti di tortura: ustioni da scosse elettriche, ferite da taglio, contusioni multiple. Il cadavere era mutilato. Mancavano organi vitali. Un’azione che non si può definire solo “omicidio”: è tortura, è disumanizzazione, è un crimine contro l’umanità.
Il The Guardian parla apertamente di “numerosi segni di tortura” (The Guardian).
La Repubblica denuncia: “Rimandato all’Ucraina un corpo smembrato” (La Repubblica).
Il Washington Post ricostruisce l’intera indagine e denuncia la rete illegale di prigioni russe nei territori occupati (Washington Post).
Nel 2022, Viktoriia era stata insignita del prestigioso Courage in Journalism Award dalla International Women’s Media Foundation. Rifiutò di partecipare alla cerimonia, preferendo restare in Ucraina, continuare a documentare. La sua etica professionale era inseparabile dalla sua umanità.
Oggi, i suoi articoli sono archivi di verità. Le sue parole, scritte o registrate, testimoniano la sua lotta per la libertà. Non solo per l’Ucraina, ma per tutti. Perché ogni regime autoritario teme una cosa più di tutto: la verità documentata.
Giustizia e memoria
Il governo ucraino sta indagando sulla sua morte come possibile crimine di guerra. Le Nazioni Unite sono state informate. Organizzazioni come Reporters Without Borders e Human Rights Watch chiedono che venga fatta piena luce. Ma la giustizia, da sola, non basta. Serve memoria. Serve ascolto. Serve indignazione.
Viktoriia Roshchyna non è solo una vittima. È un monito. È la prova che il giornalismo è una forma di resistenza. Che dire la verità può costare tutto, ma vale sempre la pena.
Non lasciamo che il suo nome venga sepolto insieme al suo corpo. Raccontiamo chi era. E continuiamo la sua battaglia.
Fonti e approfondimenti
The Washington Post – “She tried to expose Russia's brutal detention system – and ended up dead”
La Repubblica – “Giornalista ucraina smembrata dai russi”
IWMF – Courage in Journalism Awards 2022


Scrivi iIl 23 febbraio 2025, in occasione del terzo anniversario dell'invasione russa dell'Ucraina, Milano è scesa in piazza per chiedere pace e giustizia. Oltre mille persone si sono radunate in Piazza Castello, sventolando bandiere ucraine ed esponendo cartelli contro l'aggressione di Putin. L'evento, organizzato dall'associazione "UaMi" insieme a "Liberi Oltre", "Radicali Italiani" e "Ponte Atlantico", ha visto la partecipazione di numerosi cittadini ucraini e italiani, uniti nella richiesta di un'azione decisa per fermare la guerra e garantire il ripristino della sovranità dell'Ucraina.
La marcia, iniziata alle 14:00 da Piazza Castello, si è conclusa in Piazza San Babila, dove si sono susseguiti diversi interventi. Tra i relatori, Yaroslav Melnyk , ambasciatore ucraino in Italia, ha ringraziato la comunità per il sostegno continuo, sottolineando l'importanza di mantenere alta l'attenzione internazionale sul conflitto. Emma Bonino , storica esponente radicale, ha ribadito il ruolo cruciale dell'Unione Europea nel contrastare l'espansionismo russo e nel proteggere la democrazia.
Numerosi esponenti della società civile hanno preso la parola: Luca Steinmann , giornalista e analista geopolitico, ha parlato della disinformazione che ancora circonda la guerra; Olena Prokopenko , attivista ucraina, ha condiviso testimonianze dirette della sofferenza della popolazione; Marco Taradash , di “Ponte Atlantico”, ha ricordato il valore della solidarietà internazionale.
La manifestazione si è conclusa con un minuto di silenzio per le vittime della guerra e l'appello a proseguire la mobilitazione fino a quando la pace e la giustizia non saranno ripristinate.
Milano in piazza per l'Ucraina
Manifestazione nel terzo anniversario dell'invasione russa.























