
Olena (Elena): Una vita di lotta per la democrazia e il futuro europeo dell'Ucraina.
Elena è nata, cresciuta e ha trascorso gran parte della sua vita nella penisola di Crimea ucraina, che oggi rimane sotto l'occupazione temporanea della Federazione Russa. La donna racconta: “La mia famiglia ha subito persecuzioni e torture per mano del sistema punitivo bolscevico dell'Unione Sovietica. Mia nonna Anna, mio bisnonno Andrian e la mia bisnonna Ulyana furono vittime delle repressioni staliniane. Andrian e Ulyana furono deportati nei gulag siberiani durante la campagna di liquidazione delle famiglie contadine, mentre mia nonna Anna venne arrestata e deportata in Kazakistan.
Durante la Seconda Guerra Mondiale (1941-1945), Anna rimase sola con tre figli piccoli e cercò di aiutare gli abitanti del villaggio a sfuggire alla deportazione verso la Germania nazista per il lavoro forzato. Dopo la vittoria sovietica, fu accusata di collaborazione con gli occupanti e condannata a dieci anni di prigionia nei campi staliniani. La brutalità del sistema sovietico non si fermò solo alle repressioni fisiche: ogni traccia della storia familiare venne cancellata e per decenni il passato dei miei antenati fu un argomento tabù.”
Durante gli anni della scuola elementare, Elena scoprì casualmente il passato della sua famiglia in modo traumatico: un'insegnante rivelò ai suoi compagni di classe la storia dei suoi parenti e la etichettò come "nipote dei nemici del popolo". Solo allora, attraverso frammenti e racconti sussurrati, la verità cominciò a emergere.
Crescendo, Elena si appassionò alla difesa della libertà e della giustizia. Nel 2004 partecipò attivamente alle elezioni presidenziali, le prime in Ucraina ad avere un'ampia mobilitazione popolare. “A quel tempo, io e molti altri rappresentanti della società civile venimmo formati a Kiev per monitorare le elezioni e istruire i membri delle commissioni elettorali affinché rispettassero la legge”, racconta Elena. Tuttavia, i risultati ufficiali furono gravemente falsificati, scatenando l’indignazione popolare e portando centinaia di migliaia di persone in Piazza Indipendenza a Kiev. La Rivoluzione Arancione divenne il simbolo della lotta per la democrazia e l’autodeterminazione.
Elena si unì ai manifestanti e, come molti altri, offrì il proprio sostegno fornendo aiuto logistico e coordinando le attività di resistenza pacifica. La mobilitazione della società civile si rivelò una forza inarrestabile, dimostrando al mondo che il popolo ucraino non avrebbe accettato un futuro imposto da Mosca. Tuttavia, dopo la vittoria delle forze democratiche, Elena venne licenziata illegalmente per la sua attività politica e fu costretta a un lungo processo legale per riottenere il proprio posto di lavoro. Questo la spinse a fondare un sindacato all'interno della scuola in cui insegnava, con lo scopo di proteggere i diritti dei lavoratori e dei genitori degli studenti.
Consapevole della necessità di avere una preparazione adeguata, Elena si iscrisse all'università e conseguì una laurea in giurisprudenza, specializzandosi nella difesa dei diritti umani.
Nel 2014, l'Ucraina fu nuovamente scossa dagli eventi di Euromaidan e dalla successiva invasione russa della Crimea e delle regioni di Donetsk e Lugansk. La Russia, temendo di perdere il controllo geopolitico sull'Ucraina, intervenne con la forza per impedire che il paese si avvicinasse all'Unione Europea. Durante Euromaidan, il Cremlino orchestrò una vasta campagna di disinformazione per screditare il movimento pro-democratico, diffondendo propaganda nei media ucraini e russi. Inoltre, inviò agenti infiltrati per fomentare il caos e le violenze, cercando di trasformare le proteste pacifiche in un pretesto per giustificare un intervento militare. Alcuni dei cecchini che spararono sui manifestanti furono collegati a gruppi filo-russi, confermando che Mosca avesse orchestrato l’uso della forza per destabilizzare il governo ucraino.
Elena fu costretta a lasciare la Crimea e a trasferirsi nella parte continentale dell'Ucraina, diventando una sfollata interna. Come migliaia di altri ucraini, riempì una valigia e si stabilì vicino a Zhytomyr, dove iniziò a lavorare come avvocato volontario presso un centro di assistenza per migranti. Dopo un anno di ricerca di un impiego stabile, nel 2015 fu selezionata per il ruolo di coordinatrice regionale presso l'ufficio del Commissario per i diritti umani della Verkhovna Rada (Il Parlamento) dell'Ucraina nell’Oblast di Zhytomyr.
Il 24 febbraio 2022 la sua vita venne nuovamente stravolta dall'invasione su vasta scala dell'esercito russo. La guerra la raggiunse di nuovo, ma il suo spirito combattivo non si spense. Continuò a lavorare, a sostenere i colleghi e a resistere con la speranza della vittoria.
Nel frattempo, Elena proseguì i suoi studi e si specializzò ulteriormente, conducendo ricerche sui processi demografici in Ucraina. Nel febbraio 2024, discusse con successo la sua tesi e ottenne il dottorato in filosofia.
Oggi, Elena afferma con convinzione: "Le mie priorità nella vita sono andare avanti, non fermarmi mai, aiutare chi è in difficoltà. Oggi più che mai, noi ucraini dobbiamo essere uniti, sostenerci a vicenda e, soprattutto, non perdere la speranza. Credo nell'Ucraina, nei nostri coraggiosi difensori e in un futuro di pace per il nostro paese. L'Ucraina è una terra di persone libere e laboriose, un paese di speranza e opportunità, una luce che resiste all'oscurità".










Il bisnonno Andrian
Il nonni Anna, Pietro e la prozia Motria